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OrionxSheridan| Oejen, dintorni

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    L'ennesima portata le passò davanti facendole arricciare le narici.
    Un pollo ben rosolato stava ora facendo il giro del lungo tavolo imbandito a dovere per la cena che si trascinava già da più di due ore. L'appetito era passato ben prima dell'arrivo di quel povero pennuto, e non solo per tutto il trambusto dei commensali che parlottavano e le facevano girare la testa. Sua madre la guardava ogni tanto facendole cenno di parlare ai suoi ospiti - i coniugi Tayeba, lì per contratti più che per vero desiderio. Suo marito stava al suo fianco e sembrava prendere sul serio il suo ruolo di Re consorte, allietando la tavolata con diversi aneddoti sulla caccia o sulla sua vita di figlio di una banshee. Ethan era sempre stata una persona affascinante, l'aveva pensato dal primo momento in cui l'aveva visto, percorrendo la navata che li distanziava il giorno del matrimonio. Aveva un bel sorriso, occhi luminosi, ed era una banshee impura. Nessun pretendente sarebbe stato migliore di lui, forse neppure il maggiore dei Joffreel ad assicurarle la corona dell'Impero. Sua madre ne era stata deliziata. I giorni che avevano preceduto il matrimonio erano stati un susseguirsi di "è veramente fantastico", "che onore una banshee impura in famiglia" e "non potevi desiderare di meglio". Sheridan aveva persino cercato di convincersi che Ethan Lenoch fosse davvero il marito perfetto. Inutile dire che come ogni speranza che aveva mai covato in grembo, anche quella si era rivelata vana. Ethan Lenoch era il marito perfetto per ogni donna desiderosa di arricchirsi. Suo marito era, infatti, un vero e proprio mecenate per artiste di ogni sorta, ma che, in principal modo, fossero delle vere artiste tra le lenzuola. Tutto Iekem e dintorni avrebbe dovuto festeggiare questo partito così acculturato. Una vera festa. Fin dal momento in cui era arrivato suo marito non aveva minimamente pensato a lei. E questo poteva anche andarle bene, da un certo punto di vista: non c'era amore, e nessuno dei due lo pretendeva, il che rendeva il rapporto abbastanza tranquillo seppur basato su un contratto. Poi si era accorta che se non faceva la corte a lei, che non la pretendeva, la faceva ad altre donne che richiedevano attenzioni con lo sguardo mellifluo e leggero da serpi nate da una madre umana. Una, in particolar modo, aveva preso a divenire sempre più irriverente nei suoi confronti, cercando di appropriarsi di ciò che era suo senza neppure chiedere ma aspettandosi che lei, Sheridan, la Regina, si adattasse a ciò che sarebbe successo. Freya Malbeth era una lurida scopamariti senza fondo. L'aveva odiata dal primo momento in cui l'aveva vista e aveva osservato il suo sguardo voglioso da vacca delle più basse cime di Jehelm posarsi su suo marito. Aveva capito al volo che sarebbe successo qualcosa e che suo marito non avrebbe fatto nulla per fermare lei e la sua sete di potere da arrampicatrice sociale.
    Così Ethan aveva preso a scoparsi Phluvke in calore e lei si era votata anima e corpo agli dei. Sua madre non ne era stata contenta, sapendo ciò che questo avrebbe comportato: nessun erede legittimato per la coppia di neosposini. D'altro canto, però, Arakne Telchar ci aveva pensato bene prima di dire la sua a proposito delle tresche del marito della figlia e Sheridan, in verità, non le aveva chiesto nessun parere.
    Tollerava a malapena vederlo rientrare tardi nelle stanze in comune: sapeva dov'era stato e sapeva che non era la prima volta. Il fatto che, poi, non lo nascondesse neppure così tanto come sarebbe stato bene fare, invece, la irritava non poco. Non era certo una donna qualunque ed, inoltre, la offendeva la facilità con la quale lui passava sopra alla loro religione - che proibiva e condannava il tradimento coniugale. Ma quello era forse l'ultimo dei loro problemi.
    Freya scoppiò in una risata dolce e civettuola che fece girare la testa di suo marito nella sua direzione. In qualche modo, quella donna sapeva catturare l'attenzione dei presenti meglio di lei: bastava una sola risata per far girare Ethan verso di lei, incrociando il suo sguardo lascivo. Alzò gli occhi al cielo, nauseata. Quello era suo marito, dannazione.
    Si alzò in piedi in silenzio, mentre Ethan spostava lo sguardo dal viso radioso e accalorato dell'amante a quello pallido e solcato dalle occhiaie della moglie. - Vogliate scusarmi, non mi sento molto bene - "ho la nausea", mormorò rivolta agli ospiti. I coniugi Tayeba le sorrisero annuendo comprensivi, suo marito le sfiorò la mano. Che attore, signori. Gli sorrise leggermente prima di andarsene, mentre tutti i commensali si inchinavano.
    Passò per le sue stanze solamente per mettersi vestiti più comodi e per prendere un mantello per coprirsi le spalle, prima di sparire per i cunicoli segreti del castello. L'aria salmastra del mare di Oejen le arrossò le gote non appena sbucò fuori dal castello. Negli anni aveva imparato che essere la regina non significava per forza non poter mai avere un attimo di libertà ma solamente che trovarlo era molto più difficile. Percorse così le stradine laterali del paese ai piedi del castello.
    Bussò ad una porta, infilandosi dentro all'abitazione alla sua destra, il rumore del mare a rimbombarle nelle orecchie. Si scoprì il volto, osservando la figura in penombra voltarsi verso di lei. - Heies* sono io, Sheridan - chiamò, aggrottando la fronte. Poi incrociò lo sguardo chiaro del figlio. - Orion?- sussurrò, inclinando la testa.
    © code created by jellyfish in blondieland

    *nome random per la madre di Orion lol dimmi se devo cambiarlo ahahaha
     
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    onostante avessi scelto come destino quello del viaggiatore o il destino avesse scelto me in effetti era una faccenda ancora dibattuta, quando passavo nelle vicinanze del regno di Iekem una tappa a casa era d'obbligo. Nei miei pellegrinaggi in ogni luogo del nostro mondo, alla ricerca di antiche rovine, e conoscenze dimenticate, seguendo sempre i suggerimenti delle mie amate stelle, che sentivo sempre così familiari, come se fossero loro ad indicarmi la strada sicura in mezzo a tanti pericoli. Amavo Oejen, con le sue bianche spiagge, ero stato fortunato a nascere qui, in questo regno i conflitti erano estremamente rari ed infatti era probabilmente il regno più pacifico di tutti. per di più ero il figlio di una banshee, forse una delle cariche più rispettate dopo la regina, dal momento che venivano considerate come il diretto collegamento con gli dei. Mia madre ormai non era più la banshee del regno, un'altra ragazza era stata nominata al suo posto, ma la sua sacralità per le persone di quel regno non era certo diminuita. Aveva chiesto di poter risiedere nel villaggio, in una casa vicino al mare, quel mare che tanto amava. Così la famiglia reale le aveva fatto preparare una casa, non una villa piena di fronzoli e lusso, non era proprio da mia madre, era una casetta tranquilla, come tante altre dall'estero, decorata con sonagli fatti di conchiglie che tintinnavano piacevolmente al vento. Quando varcai la soglia di casa venni preso dal piacevole profumo della torta di riso e bacche di mia madre, in bella mostra sul tavolo. Accanto c'era un suo biglietto. " Tesoro scusami tanto,
    avrei voluto farmi trovare li al tuo arrivo, ma sull'isola di Erilam hanno bisogno di me, tornerò verso sera, ho fatto il tuo dolce preferito, condividilo con la tua ospite"
    come al solito mia madre non si smentiva mai, pur avendo perso il grande dono delle profezie e della visione, le banshee più potenti spesso riuscivano ancora a vedere alcuni eventi se molto vicini in sogno. A quanto pare non sarei stato l'unico a presentarmi a casa oggi. Nell'attesa del misterioso ospite iniziai a fare un po' di pulizia e di riordine in casa, mia madre viveva in un suo "caos controllato" ma certo sistemare un po' di cose qua e la le avrebbe fatto piacere. In più dovevo anche finire di ordinare i manoscritti del mio ultimo viaggio e ricopiarli prima che si deteriorassero e diventassero illeggibili, per alcuni documenti la traduzione richiedeva tempo e nelle condizioni in cui li avevo recuperati purtroppo il tempo era qualcosa che non avevano. Così appena liberai il tavolo iniziai a ricopiare i documenti, certo alcune miniature richiedevano più tempo perciò cercavo solo di abbozzarle e di completarle in seguito, dando maggiore importanza alla trascrizione delle parti testuali. L'operazione mi richiese praticamente tutta la giornata ma era piacevole, immergersi così tanto in qualcosa da non accorgersi che il tempo scorreva veloce. Alla fine un 'ombra però catturò la mia attenzione distraendomi dai miei scritti, bussò alla porta. Spensi la candela che illuminava la stanza restando in ombra ed osservando il misterioso ospite che entrò chiudendo la porta dietro di se, si aspettava mia madre ma in realtà mi riconobbe subito e ovviamente anche io non potei fare a meno di riconoscerla. Sheridan, o meglio, vostra maestà dissi correggendomi, non era più la bambina con cui giocavo sulla spiaggia, ormai era la regnante e anche se non aveva mai tenuto al rispetto di rigide etichette di comportamento tra di noi erano un paio di anni ormai che mancavo da casa e non la vedevo, non sapevo se era rimasta sempre la stessa. Temo che vi dovrete accontentare di mezza banshee per questa sera dissi poi con un sorriso alla ragazza. Il suo volto era tirato, stanco come non l'avevo mai vista. Immaginai che una regina avesse più obblighi e doveri che privilegi.

    codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
     
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    Iekem era sempre stato un regno pressoché pacifico. Pochi gli scontri, poche le rivolte, rari i regicidi - eccezion fatta per quello di suo padre. Iekem era sempre stato un regno florido, luminoso e trasparente come le acque nelle quali era fondato: questo si diceva. Sheridan Telchar aveva scoperto che il regno di Iekem era così trasparente solamente all'apparenza, mentre ad osservare più intensamente quelle acque era possibile scorgervi il turbine e la confusione e l'orrore che, nascosto sotto una prima superficie, si nascondeva. Gli scontri venivano sedati prima della loro nascita in silenziosi omicidi che passavano sottobanco alla popolazione e non ai reali, le rivolte erano inesistenti perché il controllo era scarno e chiunque poteva fare qualsiasi cosa desiderasse, ed i regicidi erano rari solamente perché ben di rado un re si opponeva a questa politica svaccata per portare dissidi interni al Regno. Suo padre si era opposto, aveva cercato di cambiare le cose, e per questo era morto. E così come Ulrik Telchar era stato ucciso a sangue freddo, ora era Sheridan a sentirsi sempre sotto attacco da ogni lato, necessitando di difendersi continuamente. Quel continuo difendersi, quel continuo sentirsi spalle al muro, era estenuante. Veniva attaccata dalla madre che le ricordava la necessità di un erede, da suo marito con quel sorriso sardonico perché poteva scoparsi quanto voleva la vacca della sua amante, dal consiglio perché gli umani sembravano brulicare nelle loro terre, da Syria, la banshee di Iekem, perché pregava meno del solito. In tutto quel trambusto l'unica consolazione sembrava essere riuscire a trovare un po' di tempo per sé stessa, per poter riuscire a rimanere integra nonostante tutto quello che intorno a lei stava succedendo. E così, spesso, si ritrovava a fuggire dal castello e dalle responsabilità, ripercorrendo i passi che da più giovane aveva percorso per poter trovare un po' di solitudine così richiesta e così ricercata. Talvolta, se non rimaneva sola nei giardini a passeggiare senza le dame di corte, riusciva a sgattaiolare fuori dal palazzo, per rifugiarsi a casa di Heies, una delle precedenti banshee di Iekem. Non l'aveva mai conosciuta come banshee effettiva, ma, al contempo, aveva conosciuto suo figlio Orion molto tempo prima di divenire regina, quando ancora sua sorella aveva da poco abdicato in suo favore. La casa di Heies profumava di torta di riso e bacche, come molto spesso. Sembrava sempre che aspettasse qualcuno, o che aspettasse lei, ogni qual volta vi entrava. Non aveva mai capito come, ma sembrava che talvolta la ex banshee avesse degli echi dei suoi poteri, e che riuscisse in qualche modo a prevedere sprazzi di vita quotidiana.
    Così, anche quella sera si era diretta alla casa di Heies Starsekeer. Se si aspettava di venir accolta dal sorriso buono e mai stanco di Heies, non poté dire di non trovarsi alquanto stupita di scorgere invece la figura di Orion. Lei ed Orion erano stati amici, un tempo, ma ormai da molto avevano perso i contatti. Lui, infatti, aveva iniziato a viaggiare con più regolarità, tornando solo di rado a Iekem. Erano infatti più di due anni che non lo vedeva, periodo che coincideva più o meno con la sua incoronazione. Sorrise leggermente, osservando gli occhi chiari e luminosi di Orion incrociare i suoi. In due anni non sembrava cambiato di una virgola, almeno all'apparenza: con ogni probabilità i suoi viaggi e ciò che le stelle riuscivano a sussurrargli l'avevano mutato più di quanto desse a vedere. Lo stesso non si poteva dire per lei: sebbene apparisse così sciupata dalla vita di corte, Sheridan manteneva sempre quel suo spirito fresco ed indomabile che sua madre le aveva tanto rimproverato da più giovane, ma che negli anni aveva nascosto sotto convenevoli e sorrisi falsi.
    «Sheridan, o meglio, Vostra Maestà» scosse la testa a quelle parole.
    «Sheridan, ti prego» mormorò, accennando ad un sorriso. Strano che una Regina si ritrovasse a pregare qualcuno perché non la si chiamasse con il nome che le spettava. Non così strano che a farlo fosse Sheridan davanti ad un vecchio amico. Non aveva voglia di sentire il peso delle responsabilità anche in quel luogo che sarebbe dovuto essere per lei un luogo di conforto e tranquillità.
    Il suo sorriso buono le ricordò i vecchi tempi nei quali stavano ore a parlare uno di fianco all'altra l'uno delle stelle e l'altra del suo bisogno di libertà. Quanto era passato da quei momenti che avevano condiviso! Quanto tempo era passato da quando entrambi, troppo piccoli per potersi davvero rendere conto di come fosse fatto il mondo, avevano passato il tempo stesi a testa in su a cercare stelle comete nella speranza che il tempo non passasse mai. «Temo che vi dovrete accontentare di mezza banshee per questa sera».
    Sorrise a sua volta, avvicinandosi a lui. «Credo me la farò bastare» ribatté, sorridendogli, prima di abbracciarlo di slancio. Non era mai stata molto incline ai gesti d'affetto, ma in quel momento di totale sconforto, un viso amico sembrava quasi una benedizione degli Dei. Incrociò il suo sguardo, allontanandosi appena da lui. «Sei qui da molto? Tua madre non mi aveva avvisata del tuo arrivo» mormorò quindi, a dimostrazione di quanto le importasse di Orion. Si sedette quindi in una sedia intorno al tavolo riempito di scartoffie alle quali gettò un'occhiata fugace. «Sono tuoi studi sulle stelle?» chiese, curiosa.
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